Le domande irrisolte sul mondo
I limiti della ragione secondo Kant
Il problema dei limiti della ragione e del linguaggio è stato centrato pienamente da Immanuel Kant che ha individuato le antinomie. Egli ha evidenziato l’esistenza di concetti limite, che l’uomo tenterà sempre di esplorare, anche se sono al di fuori delle sue possibilità conoscitive.
Questi concetti limite sono oltre l'orizzonte delle nostre possibilità conoscitive. Nonostante ciò, tali problematiche filosofiche catturano sempre l'interesse dell'uomo che vorrebbe raggiungere verità assolute ed eterne sulle questioni fondamentali. Il richiamo irresistibile di tali enigmi non dissuaderà mai la nostra specie dal confrontarsi con essi. Le risposte date sono spesso oltre l'esperienza e, di conseguenza, appartenenti al dominio della metafisica. La scienza si avvale dell'esperienza per corroborare e validare la conoscenza, mentre la metafisica resta inafferrabile, incapace di essere confermata attraverso i dati sensibili. La ragione è certamente in grado di formulare teorie, tuttavia non è in grado né di smentirle né di confermarle. Tali ideazioni si rivelano spesso fallaci ed utopiche perché non hanno alcun riscontro con l'esperienza. A causa di ciò, si crea una frattura insanabile tra pensiero e realtà.

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Le idee trascendentali meglio rappresentano il tentativo di sondare ciò che è oltre il mondo fisico sono:
1. l'anima, ossia la totalità dei fenomeni interni che ci forniscono un senso di unità e continuità;
2. il mondo (o cosmo), la totalità dei fenomeni esterni;
3. Dio , l'insieme di tutte le totalità e il fondamento di ogni cosa
Il problema, tuttavia, è che tali concetti, pur essendo pensabili, rimarranno per sempre inconoscibili. La conoscenza oggettiva è possibile solo nel dominio dei fenomeni, non in quello delle cose in sé. Kant introduce il concetto di noumeno per rappresentare la realtà intrinseca delle cose, celata dietro l'apparenza fenomenica. Bisogna sottolineare che i concetti anima, mondo, Dio sono concetti limite, cioè è legittimo pensarli e tentare di conoscerli, ciò nondimeno non saranno mai conoscibili né attraverso la ragione né con l’esperienza: nel tentativo di indagare tali concetti, la ragione cade nelle antinomie. Le antinomie kantiane sono delle coppie di affermazioni contrarie, che non possono essere dimostrate. Questo implica che non è possibile stabilire quale delle due sia vera e quale sia falsa. Le due affermazioni opposte sono dette tesi e antitesi.
Le antinomie principali che Kant prende in considerazione sono:
- Tesi: il mondo ha un inizio nel tempo ed è limitato nello spazio.
- Antitesi: Il mondo è infinito sia nel tempo che nello spazio.
- Tesi: ciascuna cosa è composta da parti semplici.
- Antitesi: non esiste nulla di semplice, ogni cosa è complessa.
- Tesi: La causalità secondo le leggi della natura non è la sola da cui possono essere derivati tutti i fenomeni del mondo. È necessario ammettere anche una causalità che renda possibile l’esistenza della libertà.
- Antitesi: Nel mondo non c’è nessuna libertà, ma tutto accade unicamente secondo leggi della natura.
- Tesi: esiste un essere necessario che è causa del mondo.
- Antitesi: non esiste alcun essere necessario, né nel mondo né fuori dal mondo che sia causa di esso.
L'importanza delle questioni metafisiche per l'uomo
La soluzione definitiva delle antinomie kantiane non è solo una sfida intellettuale, rappresenterebbe lo scioglimento dei problemi più importanti dell’uomo.
Che cos’è la morte? Cosa c’è dopo? Esiste la libertà? Il il mondo si esaurisce nella materia?
Partendo dalla soluzione delle antinomie potremmo rispondere alle domande più difficili, ma che sono anche quelle più importanti.
Tuttavia, il dilemma rimane irrisolto.
La fisica anziché dissipare ogni dubbio, lo alimenta: come fa ad esistere quello che c’è se “nulla si crea e nulla si distrugge” ?
La relatività e la meccanica quantistica hanno aperto scenari al limite della fantascienza. Il fatto più sorprende è che le due più importanti teorie fisiche che l’umanità abbia mai prodotto non sono state ancora conciliate. Sarà solo questione di tempo?
Lasciamo ai posteri l’ardua sentenza. Seppur risolvessimo i problemi attuali, non ne sorgeranno altri ancora più complessi? Chi pensa di no, non ha ben chiaro l’aumento di complessità che il sapere ha avuto nel nostro secolo. Più si sa e più si è costretti a sapere. Più si sa, e più la natura ci pone di fronte quesiti sempre più difficoltosi.
Tornando a Kant, egli si pone la domanda: qual è il limite della conoscenza oltre il quale non mi posso spingere senza cadere nell’assurdo?
A questo punto Kant nega qualsiasi altra forma di conoscenza che non sia ottenuta dalla ragione e validata attraverso l’esperienza e, quindi, deduce che le entità limite (anima, mondo, Dio) non sono conoscibili in maniera definitiva. Di conseguenza, la ragione non deve mirare alla conoscenza dei principi primi, ma piuttosto dovrebbe accontentarsi di stabilire quali sono i suoi limiti in termini di capacità cognitive.
La filosofia kantiana è una filosofia critica. In senso negativo, non produce conoscenza, ma stabilisce i limiti: è come un vigile che non guida, ma che controlla il traffico. Questo permette a quelli che guidano di guidare più ordinatamente, evitando incidenti inutili. In ogni caso, è un compito molto arduo, seppur meno ambizioso del dimostrare l’esistenza di Dio: la ragione deve indagare con la ragione quali siano i limiti della ragione! Lo stesso Kant, che avrebbe potuto produrre una filosofia coerente con la Critica della ragion pura, è ricaduto egli stesso nella speculazione metafisica con la Critica della ragion pratica e la Critica del giudizio.
Kant rinuncia alla metafisica ma non alla morale "metafisica"
Senza entrare nei dettagli, è bene accennare all’ambiguità di fondo della filosofia di Kant. In sintesi, ci ha intimato di stare lontani dalla metafisica e dalla conoscenza che non si basa sull’esperienza eppure ha costruito una filosofia morale che si fonda precisamente sull’uso della ragion pura (ragione senza esperienza) e su concetti etici e metafisici.
La critica della ragion pura di Kant riguarda la ragione pura teoretica, mentre la critica della ragion pratica si occupa della dimensione etico-religiosa.
Kant sosteneva che anche se la metafisica non è conoscenza, può essere considerata nel contesto etico-religioso. Gli oggetti della metafisica tradizionale diventano postulati della ragion pura pratica. Questo spostamento dalla conoscenza alla morale ha portato Kant a separare la metafisica dalla scienza e a dare priorità alla ragione pratica sulla ragione teoretica.
La ragione pura pratica è legata alla capacità della ragione umana di determinare da sola la nostra volontà e muoverla all'azione. Nel considerare il principio etico, l'uomo trascende i motivi materiali dell'esperienza sensibile fenomenica per concentrarsi sulla forma pura a priori della ragione pratica. Per Kant, la coscienza morale è autonoma perché è legge a sé stessa e rende l'essere umano libero e non dipende dalla validazione dell'esperienza.
La definizione assoluta del dominio etico in Kant è esprimibile nelle formule della legge morale o imperativo categorico:
- "Agisci come se la massima della tua azione potesse essere dalla tua volontà elevata a principio di una legislazione universale."
- "Agisci in modo da trattare l'umanità, sia nella tua persona che nella persona di ogni altro uomo, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo."
- "Agisci come se appartenessi al regno dei fini e fossi quindi insieme legislatore e suddito di questo regno delle volontà libere e ragionevoli."
La completa fondazione della morale è riportata da Kant ai postulati della ragion pura pratica. Questo contesto è parte del recupero etico kantiano degli oggetti della metafisica tradizionale, e dimostra come Kant abbia cercato di riconciliare la metafisica con il contesto etico-religioso, attribuendo un ruolo cruciale alla ragione pura pratica.
In sintesi, la filosofia critico-trascendentale di Immanuel Kant si concentra sull'importanza della ragione pura pratica nel determinare la volontà umana e l'etica. Kant sostiene che la moralità dipende dalla ragione, piuttosto che dall'esperienza, e che l'autonomia della coscienza morale umana è fondamentale per comprendere la moralità stessa. La ragione pura pratica si esprime attraverso l'imperativo categorico e l'universalizzazione delle massime morali. La filosofia di Kant rappresenta un importante passo nella storia del pensiero filosofico, in quanto pone le basi per ulteriori riflessioni sulla natura della moralità, l'autonomia umana e il ruolo della ragione nell'esperienza etica.
A questo punto però ci chiediamo: non c'è una contraddizione tra la filosofia critica di Kant, che cerca di stabilire i limiti della ragione e l'universalizzazione dei principi morali kantiani della ragion pratica ?
Anche se la questione è dibattuta, credo che Kant abbia dimostrato in modo ineccepibile ciò che sosteneva nella sua filosofia critica: cioè che l’ambizione umana di compiere indagini oltre l’esperienza, servendosi della sola ragione, è insopprimibile.
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