Indiani d'america: il genocidio di un popolo saggio
I nativi americani entrano in contatto con l'uomo bianco europeo
Hollywood, come spesso accade, non racconta la verità. Dietro la rappresentazione mitizzante e fascinosa del Far West si nasconde uno dei più feroci genocidi che l'umanità abbia mai conosciuto: quello degli indiani d'america.
Tecumseh degli Shawnee - Indiani d'america
Un tempo si credeva che le popolazioni indigene fossero inferiori e meno intelligente dell'uomo occidentale civilizzato. Così si è trovata una giustificazione filosofico-politica alla conquista del West e di tutti quei luoghi del pianeta abitati da indigeni.
Dopo che l'uomo occidentale ha varcato le colone d'Ercole, si sono susseguiti eventi come:
l'espropriazione forzata e la colonizzazione di nuove terre da parte degli Europei a scapito delle popolazioni locali, la nascita della brutale pratica del commercio di schiavi nelle colonie, l'estinzione di molte specie animali, e, per finire, il genocidio di varie popolazioni. Così qualcuno, anche in Occidente, ha iniziato a dubitare della presunta e a-prioristica superiorità dell'uomo bianco rispetto a quella dei popoli considerati ancora "primitivi".
Il mito del Buon Selvaggio
Nel XVIII secolo nacque quindi il mito del Buon Selvaggio. A questo punto, l'idea di superiorità dell'uomo bianco civilizzato viene messa in discussione e ribaltata. Il mito del Buon Selvaggio è basato sulla convinzione che l'uomo in origine fosse un "animale" buono e pacifico e, solo successivamente, sarebbe stato corrotto dalla società e dal progresso, diventando malvagio.
Il concetto di "buon selvaggio" si rifà a un'idea di umanità pura e sgombra dai vizi della civiltà: la naturale essenza di uomo senza impedimenti sociali è buona. Tale concetto incarna la convinzione che senza i freni della civilizzazione gli uomini siano essenzialmente (di natura) buoni e vengano corrotti dal commercio e da tutti i fardelli che la società civile impone.
Cristoforo Colombo, precursore assoluto del mito, quando sbarcò nell'isola di San Salvador il 12 ottobre del 1942, raccontò al Re e alla Regina l'incontro con le popolazioni indigene in questo modo:
Cristoforo Colombo
Anthony Shaftesbury, uno dei sostenitori del mito del buon selvaggio nel XVIII secolo, incitava un aspirante scrittore "a cercare quella semplicità dei modi, e quel comportamento innocente, che era spesso noto ai meri selvaggi; prima che essi fossero corrotti dai nostri commerci".
L'idea del "buon selvaggio" è nata come un tentativo di riaffermare il valore morale e dello stile di vita degli indigeni. Essa è anche un tentativo di delegittimare gli eccessi e i vizi della società Occidentale che, per perseguire i suoi insaziabili desideri, stava distruggendo il pianeta, le altre specie animali e i suoi simili.
Le qualità del "buon selvaggio" non sono definite in maniera assoluta, ma spesso comprendono:
- Vivere in armonia con la Natura
- Naturalmente empatico verso il proprio simile
- Innocenza
- Incapacità di mentire, fedeltà
- Salute fisica
- Disdegno della lussuria
- Coraggio morale
- Intelligenza "naturale" o saggezza innata e spontanea
Il filosofo Jean-Jacques Rousseau è stata una figura centrale nella creazione del mito del buon selvaggio.
Jean-Jacques Rousseau
Rousseau contrappone il Buon Selvaggio alla rappresentazione dell'uomo come essere egoista e senza scrupoli, che mira solo alla propria sopravvivenza e al proprio benessere, riassunta nel detto latino Homo homini lupus ("ogni uomo è lupo per l'altro uomo"). Il filosofo Hobbes descrive la natura umana come sostanzialmente competitiva ed egoista ed esemplifica la vita in società con la frase Bellum omnium contra omnes ("la guerra di tutti contro tutti" ). Per Hobbes l'uomo è degenerato ed egoista per natura e solo con la politica e legge può essere tenuto a bada il lupo interiore dell'uomo.
In realtà per Rousseau, l'uomo non è propriamente un "buon selvaggio", né un "cattivo selvaggio" (si tratta di esemplificazioni del suo pensiero), ma semplicemente un essere neutro "né buono né cattivo, senza vizi né virtù" che va quindi educato ad essere buono. Secondo Rousseau, quindi, occorre conservare la civiltà, e stimolare la crescita della bontà nella natura umana attraverso una pedagogia apposita, in cui il bambino è visto come un buon selvaggio incontaminato dalle influenze esterne. Gli uomini vanno educati e lo stato, attraverso riforme politiche, deve creare degli uomini "buoni" e non arrivisti senza scrupoli.
Nonostante l'esistenza di un profondo dibattito filosofico, nella realtà, i nativi americani sono stati sterminati, così come gli aborigeni, così come tante alte popolazioni indigene.
Una caratteristica comune di tutte queste popolazioni, a differenza dell'uomo bianco civilizzato, era quella di vivere in perfetta simbiosi e armonia con la natura.
La saggezza dei nativi americani
Il popolo degli indiani d'america credeva che la natura, sia animata che inanimata, fosse una manifestazione del Grande Spirito. Dunque, per loro, qualsiasi cosa del creato andava rispettata come se fosse Dio stesso. Quella dei nativi americani era una concezione panteista in cui tutto è Dio, ma allo stesso tempo animista, in quanto in ogni uomo, animale, pianta, luogo, oggetto, il nativo americano vedeva la manifestazione dello Spirito: egli sentiva profondamente la presenza dello Spirito in tutto il creato.
Da questa concezione nasce, come abbiamo detto, la peculiarità fondamentale del pensiero e del comportamento degli indiani d'america: il rispetto assoluto per la natura ed il sentirsi parte integrante di essa.
Io non so se un indiano fosse meglio o peggio di me, più intelligente o stupido di me, quello che sicuramente posso dire è che queste parole rispecchiano nel profondo la verità e hanno una forza descrittiva degna della più grande intelligenza e nobiltà d'animo:
Ogni seme, ogni animale si è destato. Anche noi siamo stati generati da questa grande forza. Per questo riteniamo che anche gli altri uomini e i nostri fratelli animali abbiano il nostro stesso diritto di vivere su questa terra.
Ma ascoltate, fratelli. Adesso abbiamo a che fare con un'altra razza. Erano pochi e deboli, quando i nostri padri incontrarono i primi di loro; ora però sono grandi e sono forti e arroganti.
E' strano, ma vogliono arare la terra, e sono malati di avidità.
Hanno fatto molte leggi, e queste leggi i ricchi possono infrangerle e i poveri no. Nella loro religione i poveri pregano e i ricchi no. Tolgono denaro ai poveri e ai deboli per sostenere i ricchi e i potenti. Dicono che la nostra Madre, la Terra, è di loro proprietà; e costruiscono recinzioni per allontanare i vicini dalla loro Madre. Insudiciano nostra madre con le loro case e la loro spazzatura. La costringono a generare quando non è il suo tempo. E quando non dà più frutti la riempiono di medicine affinché generi ancora. Ciò che fanno non è sacro.Sono come un fiume in piena che in primavera esce dagli argini e distrugge tutto ciò che trova sul suo cammino.
Toro Seduto - La terra è nostra madre - Indiani d'america »
L’uomo occidentale pensa di essere libero ! Non sa che è una marionetta decerebrata! Guidato dal potere dell’egoismo assoluto ha perso il contatto con la natura e di empatia con i propri simili sta preparando la strada alla sua estinzione. Ma…………………………………….!! Sospensione del pensiero, svuota la mente da tutti i condizionamenti ,fai rinascere in te l’uomo nuovo. Allora può ripartire una nuova storia tutta da scoprire!